Tuesday 2 March 2021

Recensione "Il Regno di Rame" di S.A.Chakraborty

Ciao a tutti lettor*! 
 
Finalmente arriva anche in Italia The Kingdom of Copper, secondo libro della Daevabad trilogy, edito da Oscar Vault col titolo di Il Regno di Rame. Avendolo amato tutte e tre (ed è uno dei rari casi in cui siamo state praticamente d'accordo in toto), potevamo quindi non fare una piccola recensione in merito?

  • Titolo: Il Regno di Rame
  • Autore: S.A. Chakraborty
  • Data d'uscita: 02 febbraio 2021
  • Editore: Mondadori
  • Prezzo di Copertina: 24,00 € (lo so, siete un pò svenut*... anche noi)
  • Pagine:  648 pagine
  • Collana:Oscar Vault
  • Trama: La vita di Nahri è cambiata per sempre nel momento in cui ha accidentalmente evocato Dara, un misterioso jinn. Fuggita dalla sua casa al Cairo, si è ritrovata nell'abbagliante corte reale di Daevabad, immersa nelle cupe conseguenze di una battaglia devastante, e lì ha scoperto di aver bisogno di tutto il suo istinto truffaldino per sopravvivere. Anche se accetta il suo ruolo ereditario, sa di essere intrappolata in una gabbia dorata, controllata da un sovrano che governa dal trono che una volta apparteneva alla sua famiglia: basterà un passo falso per far condannare la sua tribù. Nel frattempo, Ali è stato esiliato per aver osato sfidare suo padre. Braccato dagli assassini, è costretto a fare affidamento sui poteri spaventosi che gli hanno donato i marid. Così facendo, però, minaccia di portare alla luce un terribile segreto che la sua famiglia ha tenuto nascosto a lungo. Intanto, nel desolato nord, si sta sviluppando una minaccia invisibile. È una forza capace di portare una tempesta di fuoco proprio alle porte della città. Un potere che richiede l'intervento di un guerriero combattuto tra un feroce dovere a cui non potrà mai sottrarsi e una pace che teme di non meritare mai.

Voto:  5 stelle!⭐
 
Recensione:
Cercherò di fare una versione piuttosto "pulita" da spoiler, stando sul generale, tuttavia non mi assumo la responsabilità per chiunque non abbia letto anche La Città di Ottone, perchè altrimenti non potremmo parlare praticamente di nulla.

Il libro inizia all'incirca non troppo dopo la fine di La Città di Ottone con Nahri, Ali e Dara in tre situazioni decisamente diverse tra loro. Devo ammettere che vedere Nahri così in trappola mi ha stretto il cuore in una morsa profonda e dolorosa. Molto meno mi dispiaceva per Ali (molto molto meno, scusa Erika), mentre per Dara ho avuto un moto di speranza e sollievo che purtroppo, come sempre quando si parla di lui, è durato molto poco.
La prima sorpresa è il fatto che dopo il prologo iniziale, la Chakraborty ci porti avanti di non uno, non due, ma addirittura cinque anni. Cinque anni che pesano sulle vite dei protagonisti, da cui i lettori sono praticamente esclusi (salvo ovviamente informazioni necessarie che vengono date man mano) ma che si sentono nell'animo dei tre personaggi principali.
Ci sono questi 3 fili che scorrono paralleli, ma distanti, che man mano gli ingranaggi del destino iniziano ad avvicinare, fino al momento del loro nuovo incontro. Da lì, come se già le varie relazioni non fossero state abbastanza complicate, è un progressivo susseguirsi di eventi e improvvisi capovolgimenti che spiazzano e colpiscono nel profondo il lettore in un crescendo che arriva al suo culmine in maniera del tutto inaspettata, nonostante il sentore di pericolo e disastro permanga fin dalle prime pagine. 
Sì, perché come una sorta di novella Sibilla, l'autrice dissemina qua e là frasi che altro non sembrano se non premonitrici di quello che andrà ad accadere, senza però lasciarci la possibilità di capire esattamente a cosa andremo incontro. Non che qualcuno possa mai essere comunque pronto.

Tutta la vicenda è contornata principalmente dalla  caotica, complessa e sofferente Daevabad, che in questo libro diventa più viva che mai. E' come se la Chakraborty ce ne aprisse ancor più di prima le strade, ci permettesse di entrare nella vita di tutti i giorni, nei suoi palazzi, nelle abitudini dei cittadini, nelle sue ingiustizie, come se, un pò come Nahri, anche noi ci fossimo abituati a viverci all'interno. Ed è forse qui che ci si rende conto che la Città d'Ottone, altri non è che un teatro di orrori passati e presenti che sembrano non avere una fine. E' facile perdersi e non certo solo per strade labirintiche. Chi vi entra non può altro che essere catapultato in mezzo a una lotta di odio tra razze diverse in cui più si va avanti meno si riesce a distinguere con certezza chi è davvero il vero nemico.
Certo, Ghassan non è e mai sarà un santo. Eppure vediamo anche qualcosa di umano in lui. Sentiamo la storia che c'è dietro la presa di potere del clan dei Gezeri e inorridiamo, comprendendone però in parte le ragioni. Questo ne giustifica i mezzi e il pugno duro con cui governa la città e minaccia chiunque possa essere suo potenziale nemico, figli compresi? Assolutamente no. Allo stesso tempo non riusciamo nemmeno a empatizzare del tutto con la "Resistenza", né con chi la guida. Motivazioni diverse, sì, a volte forse nemmeno troppo, ma modalità identiche. Vendetta e violenza non possono generare altro che pari sentimenti se qualcuno non vi pone fine. E' questo che alcuni dei nostri personaggi capiscono anche se non sempre riescono ad uscire da questo orrendo meccanismo e noi lettori non possiamo fare altro che rimanere spettatori muti e profondamente addolorati per tutto ciò che ne deriva, venendo però rincuorati della speranza che qualche voce che sembra alzarsi e voler spezzare queste catene, ci sia e decida di combattere.

Altro punto a favore che ha portato il mio voto ad essere assolutamente pieno è la presenza di molta più azione rispetto a La Città di Ottone. Lo stesso stile di scrittura della Chakraborty mi sembra notevolmente migliorato. 
Paragonandolo al suo predecessore, che aveva una prima parte piuttosto lenta e pesante da digerire, questo secondo volume risulta fluido da leggere e avvincente fin dalle prime pagine. L'ambientazione non viene certo trascurata, ma le informazioni vengono meglio amalgamate al resto della storia, rendendo così la lettura estremamente piacevole, caratterizzata da frasi schiette ma ricche anche di potere evocativo e messaggi che, per chi sa guardare davvero, vanno oltre la mera superficie.

Non manca nemmeno uno sviluppo psicologico nei protagonisti. 
Se nel primo libro Ali mi infastidita orrendamente, qui devo dire che fin dall'inizio gli viene dato uno spirito diverso (o forse sono io che lo percepisco come tale). I suoi capitoli sono stati tra i più interessanti di tutto il libro, il suo essere pedante e zelante è praticamente scomparso per lasciare il posto a una figura sicura riguardo ciò che crede sia giusto e soprattutto pronta a riconoscere i propri errori e donarsi interamente a chiunque ne abbia bisogno. Mi ha davvero commossa in alcuni momenti, perché Ali non sceglie mai la strada sicura né quella più facile, ma cerca  piuttosto di fare la differenza. Si cura della sofferenza degli altri e invece di usarla come un'arma prova a proteggerla, a rimediare e non solo a dispiacersene e questo, ai fini del libro, farà spesso la differenza. Certo, rimane molte volte uno sprovveduto ingenuo, ma immagino dovremo tenercelo così. 
Ho ammirato anche la forza di Nahri, perché in situazioni in cui chiunque sarebbe spezzato e si sentirebbe sconfitto lei resiste. E' ancora testarda, più sicura di sé e pronta ad usare i propri mezzi (per pochi che siano) per lottare per dare a tutti - e non solo al proprio popolo - un futuro migliore. Credo che il suo viaggio di crescita non sia ancora del tutto finito. Ci sono state troppe macchinazioni, troppi tradimenti (sia reali che percepiti come tali) perché possa effettivamente capire a pieno chi è e soprattutto aprirsi davvero al prossimo... ma spero ci arriverà nel prossimo volume.
Infine Dara. Il mio personaggio preferito del libro (ho un debole per i personaggi tormentati) e i cui capitoli mi mettevano sempre addosso così tanta sofferenza da essere spesso quelli che meno ho amato. Leggerli è stato difficile proprio per il dolore e quel profondo senso di "errore" di cui erano pregni. Avrei voluto altro per lui, avrei preferito di gran lunga un diverso tipo di situazione e di sviluppo, ma ne capisco l'importanza. Con Dara possiamo vedere l'altra faccia della medaglia, lo seguiamo nel suo comprendere la verità su cose che prima aveva dato per scontate e giuste, ne percepiamo il dubbio, la rassegnazione e una ribellione a una sorta di ciclo che pare infinito che al momento non riesce ancora a vincere sul resto, e questo mi ha fatto male. Spero davvero che The Empire of Gold possa dare a questo personaggio lo sviluppo, la pace e la felicità che merita.


E' un libro difficile, me ne rendo conto. E' una storia pregna di tematiche importanti, di personaggi di cui non puoi non innamorarti e di vicende singole che ti scaldano il cuore anche quando non vorresti, perché è questa la magia della Chakraborty. La sua è una mano pressoché invisibile che ti porta esattamente dove vuole e te lo fa amare, nonostante tutto. Spero davvero che l'ultimo libro sia all'altezza di questo secondo (magari senza frantumarmi il cuore ogni 3-4 capitoli, grazie) perché al momento le aspettative sono molto, molto alte.
 
Voi l'avete già letto in inglese? Stavate aspettando l'uscita italiana?
Fatemi sapere ❤️
 
Alla prossima recensione!
- Chiara

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